giovedì 15 febbraio 2007

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L'orto domestico

Stamattina ero per strada molto presto per accompagnarlo all’aeroporto (e in tangenziale c’era già coda!).
Mi viene in mente la teoria di Henry, nel film Henry ti presento Sally, che recita più o meno così: “Non accompagno mai le mie fidanzate all'aeroporto. So che con il tempo mi passerà la voglia di farlo, e non ho nessuna intenzione di sentirmi dire ‘Ecco, non mi accompagni più all'aeroporto come un tempo’”.
Io sono ancora nella fase ‘lo accompagno’ ma non scendo più dall’auto, anche perché parcheggiare a Linate è qualcosa di quasi impossibile.
Comunque a parte la questione pratica, passando in macchina lungo la tangenziale si osservano dei piccoli spazi verdi (o grigi) sistematicamente coltivati come orti. Non so se sia così in tutte le città d’Italia, ma qui ci sono tanti pensionati che si appropriano, o ricevono dal comune, piccoli fazzoletti di erba, in luoghi a volte improbabili ,che poi trasformano in micro cosmi che producono carote e pomodori. E’ commovente vedere come si ingegnino con bastoncini e teli da nailon per creare delle micro serre, con tubicini per l’irrigazione e, a volte, si procurino pure tavolini e sedie per passare qualche ora con i vicini di orto a giocare a briscola. Non mancano certo le gelosie per il pomodoro più fulgido e a volte anche le mogli vengono ingaggiate in questa ‘impresa familiare’ per togliere le erbacce, cogliere i frutti o abbellire l’orto con vialetti lastricati. Sembra che quel fazzoletto sterile e apparentemente inutile sia ragione di vita e di gioia per questi improbabili contadini metropolitani e in fondo sono esteticamente belli anche per noi automobilisti nevrotici che passiamo di fianco e sogniamo il ‘locus amoenus’

Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi
siluestrem tenui musam meditaris auena:
nos patriae finis et dulcia linquimus arua.
nos patriam fugimus: tu, Tityre, lentus in umbra
formosam resonare doces Amaryllida siluas.


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