Venerdì, ancora in clima vacanziero e senza le pesti ho visitato la mostra sul Futurismo, a Palazzo Reale, Milano.
Sono rimasta molto impressionata da questo allestimento, molto ricco (più di 150 opere) e complete perché il futurismo ha abbracciato tutte gli ambiti dell'arte dalla pittura al teatro, fino all'abbigliamento e alla pubblicità
Non sono così preparata da avere captato tutti gli spunti che la mostra da, ma sono molto contenta di avere vissuto tre ore fuori dal tempo, di fronte alla forza intellettuale di tanti artisti che hanno voluto rappresentare e comunicare la forza del nuovo, avendo la capacità di rompere con il passato.
In particolare trovo bellissimi i lavori di Balla e le correnti degli anni Venti (arte meccanica) e degli anni Trenta (aeropittura). È sconvolgente come noi diamo per scontato volare o andare in automobile e come invece queste stesse attività sono state un motivo propulsivo così forte da innovare il modo di pensare all'inizio del secolo scorso.
Un pensiero che ho fatto, uscendo da palazzo reale (che per chi non conosce Milano è situato esattamente di fianco al Duomo) è come il fine dell'arte sia cambiato, proprio confrontando gli scopi per cui il duomo è stata costruito, cioè glorificare Dio e la magnificenza della chiesa, e l'obiettivo dell'arte futurista, cioè esaltare la scienza e la tecnica, cioè l'intelletto umano. Mi sono domandata quale sia invece l'arte dei nostri giorni, cosa voglia rappresentare, chi voglia esaltare o chi denigrare e non sa darmi una risposta.
Di fronte alla grandezza architettonica di quest'angolo di Milano, alla bellezza delle opere in mostra mi sono sentita un po' frastornata a guardarmi intorno, in un corso Vittorio Emmanuele pieno di pubblicità senz'anima, che rappresentano donne e uomini che paiono senz'anima. Vetrine sfavillanti ma senza ricercatezza se non quella del consumismo, che espongono le opera d'arte del nostro tempo, gli oggetti senza i quali ci si sente 'inferiori' e fiumi di persone incantate di fronte a questo.
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